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Lo sport a scuola per riavvicinare i giovani alla pratica sportiva

Rimane alta la quota di minori sedentari, che non praticano alcuno sport o attività fisica nel tempo libero. L'analisi di Openpolis e Conibambini

 

La pratica sportiva tra bambini e ragazzi ha subito un vero e proprio crollo durante la pandemia, che non ha riscontro nelle altre fasce d’età. Infatti, tra 2019 e 2021 la quota di sedentari nella popolazione è rimasta piuttosto stabile, passando dal 35,6% al 33,7%. Al contrario, l’incidenza dei minori che non fanno sport è cresciuta dal 18,5% al 24,9% tra i 6 e i 10 anni e dal 15,7% al 21,3% tra 11 e 14 anni. Più stabile tra i 15-17enni, dove è comunque cresciuta dal 18,8% al 19,9%.

Con la fine dell’emergenza, la quota di sedentari tra i minori si è avviata verso una fisiologica flessione, individuabile nei dati del 2022. Con l’eccezione dei bambini tra 3 e 5 anni, che in un caso su due non praticano sport, il calo è visibile in tutte le altre fasce d’età. I sedentari scendono al 21,7% tra 6 e 10 anni, al 17,2% tra 11 e 14, al 19,3% tra 15 e 17. Tuttavia, anche dopo la fine della pandemia, la quota di bambini e ragazzi che non fanno sport resta vicina a un caso su cinque.

La recente analisi realizzata da Openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, si è chiesta quali fattori ne siano alla base. In passato, abbiamo avuto modo di raccontare come il fattore economico non sia affatto residuale sulla scelta di praticare sport. Nuovi dati, provenienti dalle indagini Istat sulla condizione dei minori, sembrano indicare che anche dopo la pandemia tale tendenza resti attuale.

A fronte di un recupero ancora parziale rispetto alla fase pre-Covid, non è secondario chiedersi quali fattori ne siano alla base. In passato, abbiamo avuto modo di raccontare come il fattore economico non sia affatto residuale sulla scelta di praticare sport. Nuovi dati, provenienti dalle indagini Istat sulla condizione dei minori, sembrano indicare che anche dopo la pandemia tale tendenza resti attuale.

L’impossibilità di potersi permettere un’attività di svago fuori da casa a pagamento è uno degli item di deprivazione minorile citati più frequentemente nelle risposte ai questionari sulla condizione di vita delle famiglie. Viene indicato per quasi un minore su 10 (9,1%); tra quelli in condizione di deprivazione, sfiora addirittura il 60% nel 2021 (58,4%). In entrambi i casi, con valori in crescita rispetto alla precedente rilevazione pre-pandemica, nel 2017.

Un chiaro indicatore di come l’uso del tempo libero, e in questo quadro è ragionevole supporre anche la possibilità di praticare sport, sia uno dei primi aspetti compromessi per i bambini che vivono in famiglie in disagio.

Il mancato accesso alle attività sportive per cause economiche pone la questione di come rendere più equa la possibilità di fare sport. Da questo punto di vista, le palestre scolastiche rappresentano uno strumento prezioso nella promozione dello sport tra i minori, a scuola e non solo. Durante le attività curricolari, per la funzione educativa dell’educazione fisica nel trasmettere valori come il rispetto delle regole e degli avversari, la lealtà verso i compagni e la squadra, la dedizione personale.

Ma le palestre scolastiche possono essere valorizzate anche per attività pomeridiane, diventando un punto di riferimento per le famiglie del territorio, in sinergia con enti locali proprietari, associazioni sportive e di quartiere. Offrendo la possibilità di fare sport a prezzi calmierati, per eliminare gli ostacoli legati al costo nell’accesso alla pratica sportiva. Rappresentando così, specie nelle periferie urbane ma non solo, un presidio sociale e educativo. Tale questione è centrale non solo per le famiglie meno abbienti, ma anche per la tenuta del tessuto sociale nelle aree più fragili del paese. Nella relazione al parlamento dello scorso anno, il garante dell’infanzia ha sottolineato il valore educativo e sociale dello sport.

(…) allenatori e tecnici svolgono infatti un compito fondamentale per i ragazzi, a volte rappresentano l’unico punto di riferimento, e per questo è necessario che abbiano consapevolezza del loro ruolo educativo. – Agia, Relazione al parlamento (aprile 2023)

Il riconoscimento di questo valore educativo e sociale ha portato anche la normativa nazionale sull’edilizia scolastica a riconoscere come prioritaria la presenza di strutture per fare sport nelle scuole.

La programmazione degli interventi (…) deve garantire (…) la disponibilità da parte di ogni scuola di palestre e impianti sportivi di base. – Legge 23/1996, Norme per l’edilizia scolastica

Del resto, la premessa per una valorizzazione delle palestre scolastiche per promuovere lo sport è la disponibilità degli impianti sul territorio. Nell’anno scolastico 2022/23 la presenza della palestra è stata dichiarata dagli enti proprietari per oltre un terzo degli edifici esistenti. Una quota che supera il 40% nel nord-ovest (41,3%), e si attesta ad alcuni punti da questa soglia nel nord-est (37%) e nel centro Italia (36,7%). Resta invece piuttosto indietro il mezzogiorno, in termini di dotazioni sportive nelle scuole. Nel sud continentale il 31,7% degli edifici ha la palestra, nelle isole il 30,1%. Tra le regioni tuttavia, dopo la Liguria (52,4%), è la Puglia a mostrare la presenza più diffusa (48,4%), seguita da Toscana, Veneto e Lombardia (44-45% circa). Agli ultimi posti, con meno di un edificio su 4 dotato di palestra, Sicilia (24,6%), Umbria (23,3%) e Calabria (meno del 20%). La dotazione è superiore nei poli, le città baricentriche in termini di servizi, rispetto alle aree interne. Nelle prime, circa 4 edifici su 10 hanno la palestra, nelle seconde 1 su 3 o meno: 33,1% nei comuni intermedi (ad almeno 27,7 minuti dal polo più vicino), 31,3% in quelli periferici (a oltre 40 minuti) e 30,8% in quelli ultraperiferici, distanti più di un’ora.

Tra le città capoluogo, a Monza e Firenze circa il 72% degli edifici scolastici attivi nell’anno scolastico 2022/23 ha la palestra scolastica. Seguono i comuni di Barletta, Andria, Bologna, Savona, Pavia, Lecco e Prato, con oltre 2/3 degli edifici con palestra.

Agli ultimi posti, con meno del 10% di edifici scolastici statali dotati di palestra, si trovano i comuni di L’Aquila e Forlì (entrambe al 8,6%), Catanzaro (8%) e Catania (7,3%). Per approfondire e per scaricare i dati regionali clicca qui (Fonte: Openpolis)

Fonte: UISP Nazionale

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